Frammento #7
L’opera presente serve da tramite tra il passato e il futuro; non è un momento di sosta ma il punto obbligato di passaggio della storia da ieri a domani. La garanzia della validità di un'opera odierna è proprio nell’obbligare la storia a passare per le nuove invenzioni…1
L’idea che nel momento in cui si programma una trasformazione della città o la realizzazione di una sua nuova parte si stia compiendo un passo verso il futuro può essere considerata un’idea ricorrente nelle elaborazioni teoriche del progetto. Ma l’originalità e la forza di questo pensiero di Rogers, enunciato per altro nel 1963 in pieno boom economico e costruttivo, sta nel porre il problema del ruolo dei promotori della trasformazione nei confronti della “storia”. Evidentemente, tutto quello che si fa passa dall’oggi al domani, ma un progetto “valido” obbliga la storia ad attraversarlo. Per il progettista il futuro non è una sequenza temporale: il futuro ha un senso, costruire questo senso è impegnarsi con la storia.
Le storie dell’architettura sviluppano percorsi che attraversano luoghi specifici che, in tempi particolari, assumono un ruolo singolare nello sviluppo della innovazione progettuale. Le occasioni e le condizioni che determinano queste particolarità, sono molteplici, variabili come importanza geopolitica dei luoghi attraversati e come durata nel tempo. Per questo nello sviluppo della modernizzazione si riconoscono normalmente centralità e periferie, luoghi che inventano e sperimentano l’innovazione e luoghi che seguono e che, in certo qual modo importano esperienze2.
L’ideologia della globalizzazione sostituisce a questo schema (legato a nozioni di storia e di luogo ormai rifiutati) un’idea di sfida tra città e regioni che si distinguono per la capacità di interagire globalmente e di partecipare, secondo una propria risonanza, ai flussi planetari dell’economia3. Alla responsabilità di costruire, passo dopo passo, un senso al futuro si sostituisce una logica mercantile a-temporale (del qui ed ora) governata dal capitalismo liberale.
Nel primo decennio degli anni 2000 il confronto con i processi della globalizzazione, almeno dal punto di vista economico-finanziario, divenne obbligatorio per qualsiasi contesto territoriale; in Sardegna fu con la presidenza della Giunta regionale di Renato Soru (2004-2009) che la partecipazione alla grande sfida divenne una strategia (politico-imprenditoriale) di sviluppo, posta, per contro, sotto il controllo della disciplina del Piano Paesaggistico Regionale (entrato in vigore nel settembre del 2006 con una forte caratterizzazione di salvaguardia identitaria) e con i criteri della sostenibilità.
Le “invenzioni” che hanno riguardato la città di Cagliari e che avrebbero dovuto obbligare, se non la storia, almeno le risonanze della globalizzazione ad attraversarla, (di cui ho memoria nel mio archivio) sono due4:
- il progetto per la realizzazione del “Museo Regionale dell'Arte Nuragica e dell'Arte Contemporanea del Mediterraneo” (Betile);
- il “Risanamento e recupero del quartiere Sant’Elia” con lo specifico incarico a OMA (Rem Koolhaas) per la predisposizione del relativo masterplan.
Alla fine del percorso si può dire che entrambe le iniziative costituiscano una dimostrazione che non solo obbligare la storia ma anche gestire i processi della globalizzazione non è affatto facile, neppure quando se ne ha il potere (o si pensi di averlo).
Il progetto per il “Betile” ha preso avvio tramite un bando di concorso internazionale in due fasi; nel Documento preliminare l’iniziativa è presentata nei suoi aspetti politici e culturali dal Presidente:
Al Nord del Sud del mondo5
Il progetto del museo di Cagliari dedicato all'arte nuragica e all'arte contemporanea si propone di far conoscere e di valorizzare una civiltà tanto antica e affascinante quanto ancora poco nota. La ricchezza delle testimonianze dell'età nuragica, la loro varietà di forme - che spazia dai piccoli bronzi alle grandi statue in pietra rinvenute a Monti Prama, presso Oristano - la forza e l'originalità di espressione artistica che le caratterizzano, paragonata da alcuni a quella delle più ardite opere delle avanguardie del Novecento, attendono ancora di essere pienamente comprese ed apprezzate. Il nuovo museo potrà creare le condizioni perché questo accada: restituendo le testimonianze e le opere nuragiche all'orizzonte dell'esperienza estetica, le farà scoprire al pubblico più largo, e innanzi tutto agli stessi sardi, contribuendo a rafforzarne il senso di appartenenza e la consapevolezza dei valori della loro storia e della loro cultura; facendole interagire con le ricerche artistiche contemporanee, ne farà percepire l'attualità e metterà in luce il senso e il valore che mantengono nel presente. Non si tratta di un valore unicamente estetico: un aspetto fondamentale della civiltà nuragica è rappresentato dall'apertura e dal dinamismo che l'hanno portata a proiettarsi all'esterno, a intrecciare e sviluppare intensi contatti economici e culturali con gli altri popoli del Mediterraneo. Di questo atteggiamento di apertura i sardi di oggi si sentono eredi; profondamente legati ai valori identitari, concepiscono l'identità non soltanto come forza che proviene dalla propria tradizione, ma anche come disponibilità al confronto, all'incontro con l'altro, al mutamento. Il nuovo museo nasce dunque sotto il segno dell'apertura e del confronto. Dalla sua posizione in un'isola che è al Nord del Sud del mondo, lontana dai grandi centri dell'arte e del mercato, lavorerà per diventare un punto di riferimento per le ricerche artistiche condotte oggi nell'area mediterranea e nordafricana. In un quadro geopolitico in rapida trasformazione, attraversato da fratture, squilibri e tensioni sempre più acute, il Mediterraneo ha da tempo cessato di essere un crogiolo di culture, lo snodo di fertili scambi tra i popoli e le etnie. Per trasformarlo da frontiera calda in spazio di circolazione e comunicazione servono luoghi di incontro e momenti di dialogo dei quali l'arte, la cultura si offrono come occasione. Vorremmo che questo museo contribuisse a fare della Sardegna uno di quei luoghi.
Dalla Commissione fu prescelto il progetto presentato da Zaha Hadid che fu incaricata della elaborazione del progetto preliminare. Nell’aprile del 2008, in seguito alla mancata ratifica dell’Accordo di programma da parte dell’Amministrazione Comunale il progetto per la realizzazione del Museo fu definitivamente accantonato.
Anche il Programma per il risanamento del Quartiere di Sant’Elia (che ebbe al suo centro l’attivazione di un Laboratorio di Progettazione) pervenne alla elaborazione da parte di Rem Koolhaas OMA di un Masterplan, sviluppato su un orizzonte articolato di obiettivi urbani, che va ad aggiungersi alle forme perdute della città.
Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello d'un'altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l'altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro.6
Enrico A. Corti
Ingegnere – già docente di Composizione Architettonica e Urbana
Facoltà Ingegneria e Architettura – Università di Cagliari
1. E. N. Rogers, Gli elementi del fenomeno architettonico, Laterza, Bari 1961 (nuova edizione a cura di C. De Seta, Guida Editori, Napoli 1981).
2. Contesti nei quali la modernità – dilagando su culture e società in contrasto – viene subita piuttosto che positivamente utilizzata e pertanto si caratterizza, come è stato scritto – cfr. A. Touraine, Critica della Modernità (1992), tr. it. di F. Sircana, Il Saggiatore, Milano 1993 – più per quello che distrugge che per quello che genera.
3. Una regione che ha compiuto e in certo qual modo guidato questa esperienza nelle fasi della globalizzazione è certamente l’Olanda che, per altro, aveva costantemente manifestato un forte carattere di sperimentazione e di originalità nello sviluppo delle tematiche urbanistiche e architettoniche. La scuola di Amsterdam dei primi decenni del novecento o negli anni ’50, l’interpretazione della modernità in opposizione al macchinismo funzionalista ripartendo dal rapporto pubblico privato e dagli ambiti di soglia, sono progetti che cercano un futuro consapevole, progetti che, in qualche modo, hanno obbligato la storia ad attraversarli.
4. La terza, nel contesto regionale e nello stesso periodo, riguarda il grande evento (mancato) del G8 a La Maddalena.
5. Le parole dell'allora Presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, sono riportate anche sulla brochure di presentazione della mostra dei nove progetti finalisti del concorso internazionale. La mostra si è tenuta a Cagliari dal 20 novembre al 10 dicembre 2006. La brochure è tuttora disponibile sul sito istituzionale della Regione Autonoma della Sardegna a questo indirizzo.
6. I. Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972, p. 39.